"Tutto questo potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose, o che sono atei".
Questa la sentenza emessa stamane dalla Corte Europea di Strasburgo.
Il ricorso a Strasburgo era stato presentato nel 2006 da Solie Lautsi, moglie di un cittadino italiano e madre di due bambini che nel 2001-2002 frequentavano un Istituto statale.
La donna, giudicava l'esposizione del crocifisso contraria ai principi del secolarismo(cultura laica in cui lo Stato non ha ingerenze nella sfera religiosa) e quindi lesiva nei confronti dei suoi figli.
Dopo essersi rivolta al dirigente scolastico, la donna, ha presentato ricorso al T.a.r. del Veneto.
Il 17 marzo del 2005 il tribunale amministrativo ha bocciato il ricorso della Lautsi, sostenendo che il crocifisso e' il simbolo della storia e della cultura italiana, e di conseguenza dell'identita' del Paese, ed e' il simbolo dei principi di eguaglianza, liberta' e tolleranza e del secolarismo dello Stato.
Nel febbraio del 2006, il Consiglio di Stato ha confermato questa posizione.
Di qui la decisione di ricorrere all'ultimo grado di giudizio previsto: la Corte europea di Strasburgo.
La conferenza episcopale italiana spiega che "fatto salvo il necessario approfondimento delle motivazioni, in base a una prima lettura, sembra possibile rilevare il sopravvento di una visione parziale e ideologica.
Risulta ignorato o trascurato il molteplice significato del crocifisso, che non e' solo simbolo religioso ma anche segno culturale''.
0 commenti:
Posta un commento